Il dolore cronico oncologico

Nel mondo ogni anno17 milioni di persone sono colpite da un tumore e i decessi si quantificano in circa 7 milioni. Non sono fino ad  oggi disponibili indagini esaurienti a livello paneuropeo in grado di definire la portata del problema del dolore di chi ha un tumore. Un certo numero di ricerche più limitate è tuttavia sufficiente per dimostrare, oltre ogni dubbio, che in Europa il dolore è uno dei principali problemi sanitari.
Secondo uno studio del 1997 condotto in Inghilterra e Galles il 50% dei soggetti con tumore (in qualunque stadio) ha dolore e tale percentuale arriva al 75% quando la malattia è in fase avanzata (Higginson 1997).
L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda un approccio multidisciplinare che miri a migliorare sia il sintomo dolore, sia l’aspetto psicologico del malato e dei familiari. Per la buona riuscita della terapia del dolore occorre una costante collaborazione tra gli operatori sanitari, il malato e i familiari.
Con questa guida si vuole aiutare il malato e chi lo assiste a conoscere i principi base della terapia in modo da consentire una migliore collaborazione con il personale sanitario.

In particolare si vuole rispondere ai seguenti quesiti:

1. Come si definisce il dolore?
2. Si può valutare il dolore?
3. A chi occorre rivolgersi per il trattamento del dolore cronico oncologico?
4. Quali sono gli obiettivi della terapia?
5. Quali sono i farmaci utilizzati?
6. Quali sono gli effetti negativi della terapia?

Come si definisce il dolore?

Il dolore è definito come un’esperienza spiacevole, sensoriale ed emotiva, associata a un danno tessutale reale o potenziale. Il dolore è quindi un’esperienza soggettiva ed è influenzato da fattori culturali e da altre variabili psicologiche. Con dolore cronico si intende quel dolore che si protrae oltre il normale decorso di una malattia acuta o al di là del tempo di guarigione previsto. Protraendosi nel tempo, il dolore cronico può causare effetti negativi gravi a livello psicologico e sulla qualità di vita.
Il dolore può limitare in tutto o in parte le attività quotidiane: il paziente può non essere più in grado di mangiare, può non riuscire a dormire ed essere nervoso. E’ molto probabile che il paziente si senta frustrato, triste e depresso. Per familiari e amici non è semplice comprendere lo stato d’animo del paziente che tenderà a sentirsi solo. 

E’ VERO CHE L’AMMALATO DI CANCRO DEVE ACCETTARE IL DOLORE CON RASSEGNAZIONE?

FALSO. Il soggetto deve essere incoraggiato in quanto il dolore può essere trattato e nella maggior parte dei casi può essere controllato garantendo al paziente il riposo notturno e una vita il più possibile normale. E’ molto importante inoltre che i soggetti con dolore cronico oncologico siano informati e istruiti relativamente al significato del dolore e ai principi di gestione dello stesso.

E’ VERO CHE IL DOLORE PUÒ ESSERE CLASSIFICATO IN TRE CATEGORIE?

VERO. Sono definiti tre tipi di dolore con caratteristiche diverse: il dolore nocicettivo, quello neuropatico e il dolore idiopatico. Il dolore nocicettivo è la risposta fisiologica a un impulso esterno, può essere di origine muscolare o meccanico compressivo; il dolore neuropatico è causato da un danno o da una disfunzione del sistema nervoso centrale (per esempio sciatalgia da compressione dei nervi , neuropatia diabetica, nevralgia del trigemino); il dolore idiopatico è di origine non nota, l’intensità e la durata non corrispondono a una motivazione organica. Il dolore cronico è un dolore misto, bisogna quindi fare riferimento alle tre componenti.

Si può valutare il dolore?

Perché la cura del dolore cronico da tumore abbia successo è necessario effettuare una valutazione corretta del dolore. A tale scopo è fondamentale il ruolo di chi soffre quel dolore: deve essere il malato a descrivere il proprio dolore. E’ solo grazie a una attenta descrizione che si può fare una valutazione accurata e di conseguenza scegliere la terapia migliore.
Per descrivere il dolore in genere si utilizzano scale apposite che possono essere numeriche oppure analogiche visive. Con le scale numeriche viene chiesto al malato di valutare il proprio dolore da un minimo di zero (nessun dolore) a un massimo di 10 o di 100 (massimo dolore immaginabile). Quando si utilizza una scala analogica visiva invece viene chiesto al soggetto di indicare il suo dolore su una linea che va da assenza di dolore a massimo dolore possibile.
Oltre a definire l’intensità del dolore è importante anche valutare la durata e più in generale le caratteristiche temporali del dolore. Chi assiste deve valutare il dolore più volte nell’arco della giornata così da comprenderne la durata, quante volte al giorno si presenta e se ha un andamento ciclico (per esempio si manifesta soprattutto la notte). 

E’ VERO CHE LA SCALA NUMERICA È LA MIGLIORE SCALA DA UTILIZZARE?

FALSO. Tutte le scale approvate sono ugualmente valide, la scelta dipende dal singolo caso. Quando si sceglie una scala però è bene continuare a mantenere la stessa senza cambiare.

E’ VERO CHE OLTRE ALLA VALUTAZIONE DEL DOLORE BISOGNEREBBE FARE UNA VALUTAZIONE DELLO STATO PSICOLOGICO E SOCIALE DEL MALATO?

VERO.  Durante la terapia bisognerebbe sempre fare una valutazione del livello di ansia e di depressione del soggetto. Inoltre bisognerebbe cercare di comprendere le credenze del soggetto e aiutarlo a superare la condizione di dolore anche con un sostegno psicologico ed eventualmente spirituale.

A chi occorre rivolgersi per il trattamento del dolore cronico oncologico?

Le terapie del dolore offrono programmi speciali per aiutare i soggetti con dolore cronico a riprendere una vita il più normale possibile e a vivere in modo più attivo e produttivo, anche se non è possibile eliminare immediatamente il dolore stesso. Per raggiungere tale scopo è necessario l’aiuto di un team multidisciplinare che comprenda oltre al personale medico anche uno psicologo e un fisioterapista. Esistono centri specializzati nella gestione e trattamento del dolore cronico. Collegandosi al sito dell’Associazione italiana per lo studio del dolore (AISD) è possibile scaricare un elenco dei centri di terapia del dolore presenti in Italia. Inoltre il sito della Società Italiana Cure Palliative fornisce indicazioni sugli eventi che le singole regioni organizzano per informare cittadini e addetti ai lavori sulla gestione del malato terminale. Le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapia del dolore devono assicurare un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, nel rispetto dei principi fondamentali della tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione.

E’ VERO CHE NEL 2010 È STATA PUBBLICATA UNA NUOVA LEGGE CHE GARANTISCE UN PIÙ FACILE ACCESSO ALLE CURE PALLIATIVE E ALLA TERAPIA DEL DOLORE?

VERO. Con questa legge la prescrizione degli oppioidi, l’accesso alla terapia del dolore e la gestione dei malati a domicilio è più semplice.

E’ VERO CHE LA LEGGE DEL 2010 SEMPLIFICA L’ACCESSO AI FARMACI PER LA TERAPIA DEL DOLORE?

VERO.  In base a questa legge i medici di medicina generale possono prescrivere gli analgesici oppioidi utilizzando il semplice ricettario del Servizio sanitario nazionale, non è più richiesta la prescrizione su ricettari speciali in triplice copia.

E’ VERO CHE IL PERSONALE SANITARIO CHE SI OCCUPA DI GESTIONE DEL DOLORE CRONICO ONCOLOGICO DEVE AVERE AVUTO UNA FORMAZIONE SPECIFICA?

VERO.  In base alla legge del 2010 è previsto un programma di formazione ad hoc pensato per gli operatori sanitari che si occupano di terapia del dolore e di cure palliative.

Quali sono gli obiettivi della terapia?

Nella fase iniziale della malattia l’obiettivo principale della terapia del dolore è aiutare il soggetto a compiere in autonomia le attività quotidiane. In particolare quindi la terapia deve mirare a ridurre il dolore durante la notte, per favorire il riposo, e durante il movimento e la stazione eretta in modo da consentire le normali attività.
Nella fase terminale della patologia invece la terapia non deve più mirare alla sola riduzione del dolore fisico ma deve prendere in cura anche l’aspetto psicologico. In questi casi si parla di dolore totale, tale dolore non può essere affrontato con la sola terapia farmacologica ma ha bisogno di un approccio multidimensionale, che tenga conto anche dei bisogni psicologici, spirituali e sociali, che devono essere considerati con attenzione e affrontati contemporaneamente alla cura del dolore fisico.

E’ VERO CHE PER RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI DELLA TERAPIA È MOLTO IMPORTANTE IL RUOLO DI CHI ASSISTE IL SOGGETTO?

VERO. E’ molto importante che il personale sanitario e i volontari o i familiari che assistono un soggetto collaborino insieme. Per favorire la collaborazione è necessario che ci sia una buona comunicazione con gli operatori sanitari.

Quali sono i farmaci utilizzati?

La scelta degli analgesici deve essere personalizzata, considerando vari fattori, tra cui: 

  • il tipo di dolore;
  • l’intensità;
  • la potenziale tossicità del farmaco;
  • le condizioni generali del malato;
  • i costi per la persona e la famiglia;
  • il contesto di cura.

La scelta è fatta dal medico.
L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di personalizzare la terapia e di avere un approccio a scala crescente, partendo dalla terapia con farmaci analgesici non oppioidi, passando successivamente alla terapia con gli oppioidi deboli, fino a giungere alla terapia con gli oppioidi forti.
Il trattamento di ogni singolo soggetto deve iniziare al gradino della scala OMS più appropriato per il suo dolore. Per il dolore da lieve a moderato sono indicati i farmaci non oppioidi come il paracetamolo o gli antinfiammatori non steroidei (FANS). Questi farmaci possono essere acquistati senza ricetta medica ma è bene chiedere sempre consiglio al proprio medico perché potrebbero essere controindicati.
Per il dolore da moderato a grave invece sono somministrati gli oppioidi da soli o eventualmente associati a un antidolorifico non oppioide. 

E’ VERO CHE IL DOSAGGIO DEGLI ANALGESICI OPPIOIDI DEVE ESSERE PERSONALIZZATO?

VERO. Il dosaggio degli analgesici deve essere individuale e la somministrazione va eseguita a orari stabiliti in modo da mantenere le giuste concentrazioni terapeutiche. Tuttavia è bene programmare dosi che possono essere somministrate al bisogno, in aggiunta alla copertura di base (circa il 20% delle dosi di oppioide nelle 24 ore). E’ importante tenere sotto controllo quante dosi al bisogno vengono somministrate per definire se il trattamento in atto è sufficiente o deve essere modificato.

E’ VERO CHE SE HO UNA RIACUTIZZAZIONE DEL DOLORE VUOLE DIRE CHE I FARMACI CHE SI ASSUMONO NON SONO EFFICACI?

FALSO. La riacutizzazione del dolore è un fenomeno comune nei soggetti con tumore. Si manifesta anche quando si assume la terapia corretta negli orari stabiliti. Occorre tuttavia segnalare al proprio medico la presenza di riacutizzazioni perché potrebbe essere necessaria una dose aggiuntiva di farmaco al bisogno.

E’ VERO CHE LA SOMMINISTRAZIONE DEL FARMACO A RICHIESTA È LA SOLUZIONE IDEALE PER IL CONTROLLO DEL DOLORE?

FALSO. I farmaci per il dolore cronico devono essere prescritti a orari fissi. Tuttavia occorre prevedere la possibilità di somministrare una o più dosi aggiuntive al bisogno in caso di riacutizzazione del dolore.

Quali sono gli effetti negativi della terapia con oppioidi?

I principali effetti avversi della terapia analgesica con oppioidi sono: 

  • stitichezza;
  • nausea e vomito;
  • sedazione;
  • bocca secca.

I soggetti che iniziano una terapia con analgesici oppioidi devono essere avvertiti dei possibili effetti negativi della terapia. In particolare l’effetto sedativo associato all’uso di questi farmaci può causare rischi durante la guida o durante il lavoro con mezzi meccanici.
Per prevenire la stitichezza da oppioidi si può sottoporre il soggetto a un trattamento profilattico con farmaci lassativi. Se necessario, si può anche somministrare un trattamento profilattico con un farmaco contro il vomito per i soggetti con dolore da moderato a grave. Se gli effetti negativi sono molto fastidiosi bisognerà valutare con il medico l’opportunità di modificare il dosaggio ed eventualmente la terapia.

E’ VERO CHE I FARMACI ANALGESICI OPPIOIDI POSSONO CAUSARE TOLLERANZA E DIPENDENZA?

VERO. I farmaci oppioidi possono causare tolleranza (cioè la necessità di incrementare con il tempo le dosi di farmaco per poter ottenere lo stesso effetto antalgico) e dipendenza (si intende la comparsa di sindromi specifiche alla improvvisa sospensione del principio attivo) ma non sono stati trovati problemi clinici tali da limitarne l’utilizzo.

E’ VERO CHE È PREFERIBILE RITARDARE LA TERAPIA ANALGESICA PER EVITARE CHE SI VERIFICHINO DIPENDENZA O TOLLERANZA FARMACOLOGICA?

FALSO. Assolutamente no. Ritardare la terapia per la paura di sviluppare dipendenza non farebbe altro che aumentare la sofferenza nel soggetto, occorre quindi tranquillizzare la persona sui rischi della terapia tenendo presente quali sono gli obiettivi della terapia stessa.

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